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Immagine del redattoreClinica Veterinaria Cavaria

VIRUS DELL’IMMUNODEFICIENZA FELINA (FIV)

E’ un retrovirus della famiglia dei lentivirus che causa nel gatto una sindrome da immunodeficienza acquisita.

Benché strettamente correlato al virus dell’immunodeficienza umana (HIV) ma non è in alcun modo trasmissibile all’uomo.



TRASMISSIONE

La FIV è presente in tutto il mondo e viene trasmesso da gatto a gatto tramite ferite da morso e combattimenti (il virus è presente in saliva e sangue), proprio per questo è maggiormente presente in gatti randagi, gatti maschi non sterilizzati a vita outdoor (completa o parziale), gatti outdoor aggressivi verso conspecifici.


Per i gatti che sono esclusivamente indoor la possibilità di contrarre la malattia è minima (attenzione alla introduzione nuovi soggetti).


La trasmissione verticale madre-figlio e mediante accoppiamento è infrequente ma non impossibile.


SINTOMI

L’infezione acuta può passare inosservata anche se talvolta ci può essere febbre, linfoadenomegalia, diarrea e abbattimento. Dopo l’infezione iniziale segue una fase “asintomatica” che può durare per anni o per tutta la vita, e alcuni animali infetti non svilupperanno mai la malattia.

In alcuni soggetti il virus rende il soggetto maggiormente predisposto a infezioni secondarie (virali e batteriche), neoplasie, patologie neurologiche, immunomediate, infiammazioni croniche (gengiviti, stomatiti, uveiti, riniti).


COME INDIVIDUARE LA PATOLOGIA?

I test di screening (eseguibili facilmente in Clinica) rilevano anticorpi specifici contro il virus dell’immunodeficienza felina (FIV) nel siero, plasma o sangue intero.

Un risultato positivo indica la presenza di anticorpi circolanti verso FIV e, non esistendo un vaccino per tale patologia in Italia, un gatto con test positivo è con altissima probabilità infetto.


Risultati falsamente positivi si possono avere nel caso di gattini nati da madri infette da FIV, che possono risultare sieropositivi anche fino a 6 mesi di età a causa della prolungata persistenza degli anticorpi materni, pur in assenza di infezione congenita.


Falsi risultati negativi si possono invece riscontrare nelle fasi precoci dell’infezione, a causa degli anticorpi specifici non ancora rilevabili (in alcuni casi sporadici anche fino a 6 mesi dall’esposizione), oppure nelle fasi avanzate dell’infezione in seguito a immunocompromissione o per formazione di immunocomplessi circolanti.


Per questo nel caso in cui il risultato sia negativo ma non può essere esclusa una recente infezione il test andrebbe ripetuto non prima di 60 giorni dalla potenziale esposizione al virus.


Si può in alternativa ricorrere a metodiche PCR per la ricerca del DNA provirale (integrato nel DNA dei leucociti del gatto) su sangue intero e/o saliva o per la ricerca dell’RNA virale (presente nella saliva del gatto solo quando il virus è in replicazione) per stabilire se l’animale è anche eliminatore di FIV.

PREVENZIONE

La prevenzione, stante anche la mancanza di un vaccino, si basa sul ridurre i comportamenti a rischio.


Si consiglia dunque:

  • la sterilizzazione di tutti i soggetti sessualmente maturi al fine di ridurre i comportamenti aggressivi legati alla sfera sessuale

  • di non introdurre soggetti nuovi in casa senza aver eseguito prima almeno un test di screening (se non possibile i gatti dovrebbero non condividere gli spazi fino all’esecuzione del test).

Fortunatamente il virus è molto poco resistente nell’ambiente e può essere rapidamente disattivato da detersivi e disinfettanti di routine.


Soggetti malati dovrebbero essere confinati in casa per scongiurare la possibilità di diffusione del patogeno, dovrebbero eseguire corrette profilassi vaccinali e antiparassitarie ed essere sottoposti almeno annualmente ad accurata visita clinica ed esami.

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